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Mărțișor (1 Marzo) – festa romena della primavera
Il Mărțișor – “piccolo Marzo” o “marzolino”, associato al mese di martie (marzo) e al dio Marte – è una delle più rappresentative tradizioni romene e rappresenta il ritorno della primavera. Secondo i Traci, di cui facevano parte i Daci, gli attributi di marzo erano propri del dio Marsyas Silen, considerato l’inventore del flauto traverso, e il cui culto era legato alla madre terra e alla vegetazione. Le feste di primavera, dei fiori e della fecondità della natura erano consacrate a questo dio. Le origini della tradizione del Mărțișor sono narrate anche in una leggenda dacia legata a un’eclissi solare. Un giovane coraggioso si era recato a liberare il sole catturato da un drago. Dopo tre stagioni arrivò dove si trovava il drago, e combatterono. Il suo sangue colò sulla neve fresca, ed è da allora che il rosso e il bianco si intrecciano per combattere i mali dell’inverno e annunciare il ritorno alla vita della natura.
Un mărţişor di oggi è una finissima spiga formata da due fili di seta intrecciati, uno bianco e l’altro rosso, ai quali viene attaccata una piccola figurina di legno o metallo (un cuore, una lettera, un fiore, uno spazzacamino, un ferro di cavallo o un quadrifoglio), che diventa un portafortuna. Esso si porta all’interno delle giacche o attaccato al polso. Di solito i mărțișor vengono offerti alle donne o ai bambini, spesso insieme a dei fiori primaverili (mughetti o violette).
Un tempo, il filo rosso bianco con un amuleto – uno scudo in oro o argento, una conchiglia – veniva legato dai genitori al polso dei piccoli, offerto dai giovanotti alle ragazze (e viceversa, in Moldavia), oppure scambiato tra ragazze con l’augurio di buona fortuna e di salute. I fili erano quasi sempre rossi e bianchi ma potevano anche essere neri e bianchi o d’oro e argento. Con il passare del tempo il piccolo scudo è stato sostituito da vari oggetti, in oro o argento, con degli amuleti dai significati più svariati, seri, sentimentali o divertenti.
Il mărțișor veniva regalato all’alba del 1° marzo e indossato per dodici giorni, a volte fino a quando fioriva il primo albero o sbocciava la prima rosa. A quel punto veniva appeso a un ramo fiorito con la speranza di vedere i fiori sbocciare tutto l’anno. A volte invece si continuava a portarlo nei capelli. In Dobrogea, veniva portato fino all’arrivo delle cicogne e quindi lanciato verso il cielo perché la fortuna fosse più “grande e alata”. Nei villaggi della Transilvania, il mărțișor rosso e bianco, di lana, era appeso alle porte, alle finestre, alle corna e ai recinti degli animali, ai secchi dei manici, per allontanare gli spiriti malefici e per invocare la vita, la sua forza rigeneratrice, attraverso il rosso, il colore della vita stessa. Nei villaggi di montagna il primo giorno di marzo era quello in cui le ragazze si lavavano con l’acqua della neve sciolta, per essere belle e bianche come la neve.
Il filo intrecciato del mărțișor, chiamato anche “la treccia dei giorni, delle settimane e dei mesi dell’anno” simboleggia dunque la coesione inseparabile degli opposti, lo scambio di forze – vitalità e purificazione – che generano gli eterni cicli della natura.
Mărțișor è il momento dell’anno in cui riconquistiamo speranza, ottimismo e fiducia. Buona primavera!