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Il dissolversi dei confini nazionali
Europa. Il dissolversi dei confini nazionali
di Valentina Elia, FIRI/Oblò
Il dissolversi dei confini nazionali, intesi come simboli d’identità nazionali, e il conseguente ridimensionamento del concetto di nazionalità e appartenenza, porta ad una riflessione sul concetto di cittadinanza anche a livello comunitario. A partire dal 1992, attraverso una serie di dibattiti si è cercato infatti di definire le linee principali per una vera e propria cittadinanza europea.
La globalizzazione comporta un processo di de-localizzazione, in cui oltrepassano i confini non solo il denaro, le idee, le merci e le tecnologie, ma anche le persone, le identità e le culture, per ri-localizzarsi poi all’interno di un ambiente globale. In molte sue opere, Habermas suggerisce di affrontare le sfide della globalizzazione – compresa la crisi dello Stato-nazione e la ridefinizione del concetto di cittadinanza – creando uno spazio sovranazionale alla cui base vi siano le relazioni inter-soggettive uno spazio pensato come esperienza della diversità, perché solo accettando la diversità è possibile salvaguardare la propria identità. Il territorio nazionale sta perdendo la sua capacità di “tenere in pugno” le identità al suo interno, e in un mondo in cui i confini non delimitano più, in cui i capitali “vagano” senza ostacoli e le informazioni diventano sempre più fluide e rapide, anche le identità escono al di fuori dei container in cui erano racchiuse per dialogare tra loro.
Siamo protagonisti di un “nuovo disordine mondiale”, in cui manca un centro, un punto di riferimento, un controllo.
Ma se da un lato la globalizzazione minaccia lo Stato e la sua autorità, dall’altro crea nuovi rapporti di potere, nuovi legami, favorendo la nascita di comunità ed organizzazioni transnazionali come l’Unione Europea.
L’Unione Europea cerca di approcciarsi alla realtà odierna parlando di cittadinanza cosmopolita; un concetto noto già dal Settecento e tanto caro a Kant da divenire oggetto di discussione nel suo testo Per la pace perpetua, e che vuol dire voler educare alla tolleranza, alla diversità, alla reciprocità delle esperienze, e alle appartenenze multiple.
Essa pertanto, auspica – ma il semplice auspicare qui non si traduce obbligatoriamente in un essere in grado di farlo – a svincolare il concetto di cittadinanza dal concetto di territorialità. Questo vuol dire che un africano potrebbe chiedere e ottenere la cittadinanza europea, piuttosto che quella italiana, e godere dei diritti e doveri ad essa legata.
Ma in realtà, esaminando la situazione attuale dell’Europa, ci si rende conto che essa è ancora lontana dal raggiungimento di questa utopia, essendo il concetto di cittadinanza europea ancora un concetto teorico, più che operante, ed essendo ancora legato fortemente al principio di territorialità, per cui solo chi appartiene ad uno stato membro può godere di determinati diritti e doveri.
L’Europa non dovrebbe però interrompere questo processo, anzi, dovrebbe cercare di favorirlo, tenendo a mente le parole di Kafka nel racconto I difensori: «Se dunque non trovi nulla in questi corridoi, apri le porte; e se non trovi nulla dietro queste porte, esistono altri piani; se non trovi nulla lassù, non importa; sali per nuove scale! Fino a quando non smetterai di salire non cesseranno i gradini, anzi, si moltiplicheranno all’infinito sotto i tuoi piedi che salgono».
Non può certamente essere considerato un programma da seguire, ma forse l’augurio di percorrere al più presto quei corridoi.
Diversamente simili
di Valentina Elia, FIRI /zoom
Diversitatea. È sempre difficile affrontare la questione della diversità, data la complessità dell’argomento e il pericolo, in esso intrinseco, di ferire la sensibilità delle persone.
E lo diventa ancor di più se parlando di diversità si affronta la questione dei gay.
In molte parti del mondo, ancora adesso, parlare dei gay e dei loro diritti vuol dire animare gli animi sia di coloro che, associazioni e non, lottano ogni giorno affinché i gay non vengano trattati come diversi e possano quindi godere serenamente e senza alcun ostacolo dei loro diritti, e coloro che, dall’altra parte, sostengono invece che i gay siano una realtà quasi innaturale.
E altrettanto difficile e complessa è la questione in Romania, un paese che continua a portarsi dietro pensieri e punti di vista di una dittatura che non tollerava determinate realtà, puntualmente soffocate e lasciate nell’oblio.
Ho vivida ancora adesso l’immagine di un giovane gay pestato davanti ai miei occhi nel caos della metropolitana di Bucarest. Ricordo l’immobilità della gente, l’indifferenza di fronte a una violenza ingiustificata, e la calma, dopo la tempesta, che aveva in sé un sapore amaro.
E ricordo tanti ragazzi, incontrati e conosciuti durante il mio soggiorno romeno, timorosi di rendere pubblica la loro omosessualità in un paese in cui forse essa viene vista ancora come una forma di diversità difficile da digerire e da gestire.
Ma i miei ricordi non vogliono qui tratteggiare l’immagine di una nazione chiusa. D’altronde le scene e le immagini qui suggerite non sono esclusivamente romene. Basta guardarsi intorno e ascoltare il tg, per rendersi conto che anche in Italia, e non solo, ragazzi vengono pestati a sangue ogni giorno per il semplice fatto di essere gay. In Italia non è facile parlare dei gay o dei loro diritti e, in questo, la presenza forte della Chiesa ha certamente un peso non indifferente.
Qui infatti io voglio parlare anche di una Romania che accoglie la diversità, che educa alla tolleranza, che scende in piazza a manifestare per i diritti dei gay. Voglio parlare di un progetto a livello europeo, a cui hanno aderito ben 64 scuole romene, a favore della diversità e della tolleranza, il cui slogan è Eu şi ceilalţi. Să descoperim diversitatea din jurul nostru [“Io e gli altri. Scopriamo la diversità che ci circonda”], che ben si lega alla volontà, espressa dagli alunni del Liceo bilingue “George Coşbuc” di Bucarest tramite una lettera, di inserire nei programmi scolastici i diritti dell’uomo e di organizzare, sempre a tal fine, una parata gay che, invece, è stata impedita lo scorso 11 febbraio.
Voglio parlare di una nazione quindi che reagisce, che difende, che tollera e che, ancora una volta, si presenta come espressione dei due lati di una stessa moneta.
L’Orso d’oro va in Romania
Standing ovation alla Berlinale 2013 per il lungometraggio “The Child’s Pose” (titolo originale: Poziția copilului) del regista romeno Călin Peter Netzer, che ha vinto l’Orso d’Oro per il miglior film. La pellicola, che ha come protagonista un giovane trentenne soffocato dall’amore della madre che continua a considerarlo ancora un bambino, ha vinto anche il Premio della critica internazionale.
Il film. “Sullo sfondo di una crudele divisione di classe che porta i ricchi a ignorare e a disumanizzare i cittadini più modesti, dal film emerge soprattutto il conflitto tra genitori e figli: i primi sono voraci, privi di scrupoli, di cultura, dotati di un’inesorabile sete di riscatto mentre i secondi sono oppressi e annichiliti dai primi. ‘La vostra generazione dovrebbe sparire’ dice il figlio alla madre e, in modo significativo, per quasi metà film lui stesso compare solo attraverso le parole della madre. Tutta l’azione è focalizzata su di lei che di fronte all’accaduto cerca con ogni mezzo lecito o illecito di evitare il carcere al figlio, per preservare in fin dei conti il proprio progetto di elevazione sociale.
Accecata dall’idea che il denaro possa tutto, la protagonista ignora sia la tragedia della povera famiglia che ha perso il figlio adolescente sia quella del proprio figlio incapace di crescere e quindi di affrontare la sua colpa. Lo smarrimento di quest’ultimo è anche quello di un paese alla ricerca di una strada, di fondamenta sulle quali costruire la propria identità per il futuro, distratto dagli imperativi del consumo, del benessere materiale. Una folla di oggetti, di marche e di status symbol – molti dei quali di provenienza italiana (tra cui il ricorrere della canzone Meravigliosa creatura di Gianna Nannini), il che dà da pensare – puntellano continuamente la scena per significare il peso ingombrante degli oggetti, del denaro, del consumo, dell’avere nelle vite dei personaggi.
Lo stile registico è quello di un cinema sociale che, camera in spalla o a mano, racconta i drammi del quotidiano in cui viviamo con secchezza ma, a differenza di quanto accade per esempio nel cinema dei fratelli Dardenne o di Cristian Mungiu, qui i dialoghi sono molto presenti e rivestono una funzione importante nella costruzione dei personaggi e nel dipanarsi della storia fino al parossismo finale”. (Silvia Nugara, Cultframe.com)
“Ritratto amaro e feroce dell’alta borghesia romena, un film che riflette lo spirito dei tempi e soprattutto riconferma la grande vitalità del cinema romeno contemporaneo”. (Luciano Barisone, Radio Vaticana).
Mobilità in aumento dall’Italia verso la Romania
Recenti indagini analizzano i flussi migratori attraverso la posta elettronica e Twitter
Si emigra dall’Italia verso la Romania: è questa una delle novità emerse da uno studio su 100 milioni di account Yahoo di tre ricercatori, tra cui l’italiano Emilio Zagheni del Queens College di New York e il romeno Bogdan State della Stanford University, presentato alla International Conference on Web Search and Data Mining (WSDM 2013) svoltasi a Roma la settimana scorsa, che ha creato un vero e proprio “barometro” delle migrazioni nel mondo. [Il terzo coautore della ricerca è Ingmar Weber del Centro di Ricerca Yahoo! di Barcelona, n. FIRI].
“Rispetto a statistiche ufficiali abbiamo notato che alcune delle destinazioni più gettonate sono rimaste simili (Germania, Regno Unito, Stati Uniti)”, spiega Zagheni.
“La maggiore differenza che abbiamo osservato è che la Romania è entrata a far parte delle destinazioni top dall’Italia. Pensiamo che ciò possa essere un segno di migrazione di ritorno, o di cresciuta integrazione demografica tra i Paesi”.
I ricercatori hanno studiato le posizioni geografiche degli utilizzatori e hanno generato una mappa globale della mobilità internazionale per il periodo 2011-2012. Dalla ricerca si è visto che gli Usa dominano tra le destinazioni globali dei migranti, ricevendo persone da 58 Paesi sui 132 esaminati (44%), seguiti da Gran Bretagna, Francia, India e Australia.
Lo studio ha anche individuato dei “corridoi di migrazione” prima sconosciuti, ad esempio tra Cuba e il Venezuela, o tendenze in atto come la nascita di nuovi hub dell’immigrazione in Asia: “Uno dei prossimi passi è sperimentare l’approccio con dati Twitter – spiega l’esperto – pubblici e disponibili in tempo reale”. Il metodo, sottolineano gli autori nelle conclusioni, potrebbe ’aiutare’ quelli ufficiali: “Le statistiche ufficiali sono basate su definizioni contraddittorie – spiegano – il web invece ha una dimensione univoca, e una volta che si è data una definizione di migranti le stime si possono ottenere in maniera chiara”.
Fonte: Immigrazione Oggi.
Perugia, omagio a Sergiu Celibidache
Simposio “Omaggio a Sergiu Celibidache“. Perugia, 15-16 febbraio, auditorium del Conservatorio F. Morlacchi
Programma:
Venerdì 15 febbraio 2013
14.30 Saluti
15.00 Film Über musikalische Phänomenologie, della ZDF, 1983 (“Della fenomenologia musicale”) – prima proiezione italiana, con sottotitoli in italiano
16.00 Tavola rotonda e dibattito
17.00 L’orizzonte spirituale di Celibidache e le conseguenze pratiche per la tonalità sonora
Matthias Thiemel
Pausa
19.00 Concerto:
Il Concerto n.° 1 op. 15 di Johannes Brahms nella versione dell’autore per due pianoforti
Cosmin Boeru e Christa Bützberger
Sabato 16 febbraio 2013
9.00 Il Trio op. 100 di Franz Schubert: prova pubblica con il Trio ARS ET LABOR
10.30 Fenomenologia e prassi strumentale
Christa Bützberger
11.30 Il metodo fenomenologico nel Progetto Alessandro Scarlatti
Giulio Gaeta, Marco Micheletti e Christa Bützberger
15.00 L’importanza della fenomenologia nell’insegnamento di base
Antonia Sfrangeu
15.30 Dibattito
16.00 I Quaderni di Sergiu Celibidache: sguardo nella bottega di un Maestro
Patrick Lang
17.00 Tavola rotonda e dibattito
17.45 Conclusione
19.00 Concerto:
Il Trio in Mi bemolle maggiore op. 100 di Franz Schubert nella versione integrale
Trio ARS ET LABOR
Al Simposio “Omaggio a Sergiu Celibidache” è conferita la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Italiana.
Evento patrocinato da: Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Ministero della Cultura della Romania, Regione Umbria, Provincia di Perugia, Comune di Perugia, Ambasciata di Romania in Italia, Istituto Romeno di Cultura e Ricerca umanistica di Venezia, Fondazione PerugiAssisi 2019, Università per Stranieri di Perugia, Società Italiana di Musicologia, Istituto Tedesco di Perugia.
Con il contributo di: Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, Conservatorio di musica “Francesco Morlacchi”, Centro Studi Ludwig Stein.
Info: 328-825.89.44, 349-56.20.758, info@arsetlabor.eu.
[Fonte: Ars et Labor, Perugia].
Regno Unito: ostacoli per i neocomunitari
Sono forti le accuse mosse contro una campagna che viene definita negativa contro cittadini bulgari e romeni.
di Samantha Falciatori, Immigrazione Oggi, 7 febbraio 2013
I migranti dell’Unione europea potrebbe vedersi negato l’accesso al servizio nazionale britannico della sanità a causa delle misure che il Governo intenderebbe adottare per dissuadere i cittadini bulgari e romeni dal giungere nel Regno Unito. Mark Harper, ministro dell’Immigrazione, ha dichiarato lo scorso 28 gennaio che i migranti senza un regolare lavoro potrebbero non accedere più al servizio sanitario ed essere costretti ad avere assicurazioni sanitarie private. Il Governo sta anche considerando se allontanare coattivamente o no quei migranti che non trovano lavoro entro i primi 3 mesi. “Gli studenti comunitari e quelli che sono auto-sufficienti non dovrebbero essere un peso per il Paese che li ospita, il che significa che dovrebbero avere assicurazioni sanitarie. Abbiamo un sistema sanitario nazionale, non internazionale”, ha continuato il ministro. Il portavoce del primo ministro David Cameron ha inoltre dichiarato: “Il problema è prevenire il potenziale danno del mercato del lavoro britannico controllando, a tal fine, con maggiore attenzione l’immigrazione nel Paese”.
Dal 2004, riportano fonti governative, circa 600.000 cittadini Ue sono giunti nel Regno Unito in cerca di lavoro (ivi compresi bulgari e romeni dal 2007), una cifra ben oltre le stime previste dal Governo di Sua Maestà.
Oggetto principale di queste misure sono bulgari e romeni, che, da quando i rispettivi Paesi sono entrati nell’Ue nel 2007, sottostanno alla normativa europea che ne limita il diritto di vivere e lavorare negli altri Paesi Ue. Tuttavia, queste misure cesseranno alla fine del 2013 e sarà impossibile per i Governi Ue procrastinarle. La cessazione delle restrizioni vigenti garantirà a questi cittadini di lavorare nel Regno Unito con gli stessi diritti dei lavoratori degli altri 24 Paesi Ue.
Ad oggi nel Regno Unito i lavoratori bulgari e rumeni devono ottenere un permesso di lavoro. È il datore di lavoro che deve farne domanda (salvo per alcune categorie di impieghi), mentre il lavoratore è tenuto a farsi rilasciare una accession worker card (tessera di lavoratore di un nuovo paese Ue). I lavoratori non qualificati devono rispettare un sistema di quote nel settore agricolo e alimentare. I lavoratori qualificati sono tenuti a farsi rilasciare un permesso di lavoro o a rientrare nel programma per migranti altamente qualificati (Highly Skilled Migrant Programme).
Sofia e Bucarest hanno espresso il loro rammarico per queste politiche restrittive. Una serie di membri bulgari del Parlamento europeo hanno accusato il Governo britannico di condurre una campagna “aggressiva e negativa” contro Bulgaria e Romania. Il problema è stato sollevato durante la sessione del Parlamento europeo del 4 febbraio, in cui ogni parlamentare ha, ogni mese, la possibilità di sollevare questioni di particolare rilevanza. La parlamentare bulgara Iliana Iotova ha insistito che il diritto dei bulgari (e dei romeni) di vivere e lavorare ovunque nell’Unione europea dovrebbe essere uguale a quello di qualunque altro cittadino Ue.
Fonte: Immigrazione Oggi
Una macchia indelebile
Una macchia indelebile
di Valentina Elia (FIRI/zoom)
“C’è la neve nei miei ricordi. C’è sempre la neve, e mi diventa bianco il cervello se non la smetto di ricordare.” (monologo di Carlo Verdone in un celebre film).
Con queste parole si aprono i miei ricordi.
Ero giunta in Romania a settembre. I parchi erano ancora in fiore e un timido sole illuminava il mio volto, dandomi quasi l’illusione di essere ancora a casa. Tuttavia, volendo associare un immagine ai miei ricordi, mi viene in mente la neve. Solo tanta soffice neve. Sono nata e vissuta nel sud Italia, dove il sole e il mare sono elementi vitali come l’acqua o l’aria. La neve la vedevo solo nei film, o in vecchie fotografie ormai ingiallite, che mi ritraevano piccolina tra le braccia di mio padre.
Ho dovuto attendere 20 anni, e la Romania, per conoscere la gioia di svegliarsi al mattino e sbirciare fuori dalla finestra fiocchi di neve che si posano dolcemente sul terreno; e, per assaporare il freddo gelido che solo la neve porta con sé e che sembra quasi tagliarti il viso. La neve poi, con il suo biancore, sembra quasi avere la capacità di ripulire il mondo dalla sua sporcizia, e dai suoi errori. Ma non è cosi. Non esiste una bacchetta magica e i problemi non svaniscono.
Camminando per le strade di Iași, sin dai primi giorni, entrai in contatto con una dei problemi che affligge la Romania moderna: cani randagi, spesso affamati e indubbiamente infreddoliti, apparentemente esili, ma, allo stesso tempo, capaci di incutere timore nei viandanti.
La problematica dei cani randagi, e la conseguente campagna contro la “legge anti-randagi”, che prevedeva l’uccisione di massa – e per questo giudicata incostituzionale dalla stessa Corte Costituzionale del Paese – è stata ora nuovamente oggetto di discussione.
A riaprire una vecchia ferita, Semida Durigă ( Nextadvertising), autrice di un spot pubblicitario contro il comportamento indisciplinato dei pedoni, di cui i nostri amici a quattro zampe sono i protagonisti principali.
Se da un lato, tale spot pubblicitario [v. sotto] sottolinea la capacità degli animali di fiutare il pericolo e di comportarsi di conseguenza, divenendo in questo modo quasi un esempio per gli umani, dall’altro lato, invece, esso riporta alla luce dati allarmanti.
Secondo alcuni dati statistici, a Bucarest vivono 40.000 cani randagi, conseguenza dell’abbattimento, negli anni Settanta e Ottanta, di molte case con cortile, fortemente volute dal dittatore Ceaușescu, al fine di creare nuovi quartieri e palazzi a schiera. Ecco, quindi, che una grande piaga sociale attuale, come quella dei randagi, scaturisce dal desiderio stesso della Romania di cancellare uno dei suoi momenti storici più dolorosi, i cinquant’anni di comunismo.
Un dolore che produce altro dolore.
Una macchia, come quella del comunismo, che non riesce ad andar via.
A febbraio in “Orizzonti culturali italo-romeni”
ORIZZONTI CULTURALI ITALO-ROMENI (n. 2, febbraio 2013, anno III), mensile online bilingue; per l’edizione romena, cliccare QUI.
Edizione italiana
Esilio ed erranza: Benjamin Fondane, il pensatore «non rassegnato»
La rivista italiana di cultura «Humanitas» ha dedicato nel 2012 un intero numero a un nome di primo piano della cultura europea, ma ancora pressoché sconosciuto al grande pubblico italiano: Benjamin Fondane. Nato in Romania nel 1989, stabilitosi in Francia all’età di 25 anni, Fondane fu un protagonista delle origini del movimento esistenziale francese. L’importanza dell’esilio, la sua relazione con la creazione, è essenziale in questo pensatore, apertamente in opposizione alla cultura dominante. Da Alice Gonzi, curatrice del quaderno monografico, una panoramica introduttiva.
«Cioran in Italia», un volume per i cento anni dalla nascita del filosofo
Gabriella Molcsan e Antonio di Gennaro presentano il volume Cioran in Italia (Aracne Editrice, 2012), che raccoglie gli interventi dell’omonimo convegno organizzato nel 2011 a Roma, presso l’Accademia di Romania, in occasione del centenario della nascita di Emil Cioran. Figura di spicco della scena culturale europea, Cioran resta un autore tuttora inspiegabilmente trascurato in ambito accademico, soprattutto in Italia. Dai contributi di questo volume, prospettive illuminanti sullo stretto intreccio tra vita e pensiero che fu proprio del pensatore di Sibiu.
Quel sapore ancestrale della modernità sboccata: «Manele»
Siete andati in Romania e avete ascoltato canzonette vagamente ziganeggianti e magari un po’ volgari? Erano manele, genere musicale recente, di origine semi-folclorica e di diffusione commerciale, nato negli anni ’80 in alcuni Paesi dell’Est. In Romania si è diffuso soprattutto nelle periferie urbane, con una forte penetrazione anche in ambito rurale, specialmente tra la popolazione giovanile dei sobborghi chiamati mahala. Il dibattito sulla qualità artistica delle manele è attualmente molto acceso in Romania. Marisol Pezzutto ne analizza caratteristiche e tendenze.
Il teatro di Maria Stefanache e la «Memoria passata del personaggio»
Maria Stefanache è una regista romena che vive e lavora da venti anni a Milano, dove ha fondato il Centro di Produzioni Teatrali. «Il mio lavoro di regista – dichiara – è stato sempre focalizzato sull’attore: ho sempre pensato a come poter aiutare e rinforzare l’attore nel lungo processo di studio, lavoro e ricerca necessario alla costruzione del personaggio che gli è stato assegnato». Queste riflessioni hanno preso corpo in due libri: Memoria passata del personaggio. Un metodo innovativo per Teatro, Aziende e Università e La parola alla regia (Editore Uroboros 2011).
Inedito. Andrei Ruse, «Spacciatore per un giorno»
Andrei Ruse è un giovane scrittore romeno, promotore di vari progetti online in ambito culturale. Offriamo per la prima volta in italiano, a cura di Mauro Barindi, un frammento del suo romanzo Dilăr pentru o zi (Spacciatore per un giorno). Radu Călin, agente della Squadra antinarcotici della Polizia di Bucarest, decide di infiltrarsi nel mondo dello spaccio della droga, correndo seri rischi per sé e per la sua famiglia, con ripercussioni imprevedibili. Una trama avvincente, per un romanzo coraggioso e insolito che non mancherà certo anche di far discutere.
Tra Europa e Romania: gli studi linguistici di Marco Antonio Canini
Marco Antonio Canini (1822-1891), linguista, poeta, traduttore e ideologo, fu una figura pionieristica per la conoscenza della cultura romena in Italia. Trasferitosi con la famiglia a Bucarest, conobbe vari uomini politici della Romania e fu sostenitore dell’unificazione politica dei principati romeni. Matteo Veronesi presenta la figura di questo studioso che, con la sua ricerca delle origini, trovò un’idea d’Europa che salvaguardasse, insieme, la totalità e le identità particolari, l’universalità e le comunità nazionali. Interessanti, ancorché non di rado discutibili, le sue suggestioni etimologiche.
Zéno Bianu: «Poema dei gradi (Kaddish per Paul Celan)»
«Fai saltare i bacini di luce / la parola fluttuante è al crepuscolo / dal primo all’ultimo respiro / la parola non ti appartiene / ferita / ferita / d’un dio in esilio». Pubblichiamo, nella traduzione di Giovanni Rotiroti, un ampio poema di Zéno Bianu dedicato a Paul Celan e intitolato Poema dei gradi (Kaddish per Paul Celan). Zéno Bianu è uno scrittore francese di origine romena, nato a Parigi nel 1950 da madre francese e padre romeno, rifugiato politico. Il poema è tratto dal volume di Bianu, Le désespoir n’existe pas [La disperazione non esiste] (Paris, Gallimard 2010).
«Zabriskie Point»: lo sguardo di Antonioni sull’America (e su di noi)
Filippo Salvatore reinterpreta, circa quarant’anni dopo la sua uscita, il film Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni. Il regista riesce a captare gli aspetti appariscenti e grotteschi della società dei consumi, insistendo molto sulla banalità e sulla bruttezza. Antonioni, nato e cresciuto a Ferrara, in una realtà urbana caratterizzata dalla raffinatezza estetica, è stato un acuto interprete delle forze esterne che impediscono ai contemporanei di gioire di un equilibrio paragonabile all’aurea mediocritas, ideale proposto dall’altro grande ferrarese della corte estense: Ludovico Ariosto.
Alice dietro il muro delle meraviglie. Una pittrice abruzzese all’opera
George Popescu evoca l’incontro con la pittrice abruzzese Alice (Adelina di Sabatino di Diodoro): «Nel suo atelier vissi all’improvviso la sensazione di uscire da un tempo (quello presente) per entrare, non in un altro tempo, bensì in altri diversi tempi-mondo. Da tutti gli angoli lo sguardo era letteralmente colpito da volti, figure, occhi (soprattutto) dei quadri che conservano qualcosa dell’alone delle vecchie icone, e delle tele (termine improprio in quanto, tecnicamente, la sua arte richiede il travaglio con pezzi di muro, pigmenti e lastra, sabbia e intonaco)».