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L’associazionismo per i romeni in Italia nel 2008: breve bilancio

31 dicembre 2008 Commenti disabilitati

L’anno 2008 è stato un anno di svolta per l’associazionismo romeno-italico. Già negli anni precedenti, le associazioni dei romeni (e per i romeni) d’Italia erano cresciute gradualmente, sia in termini quantitativi che qualitativi. Questa crescita è stata tuttavia accompagnata da un naturale fenomeno di frammentazione territoriale e di mancanza di coordinamento, dovuto alle caratteristiche stesse dell’immigrazione romena, soprattutto quella recente, molto più ampia e più complessa e problematica rispetto a quella registrata fino alla fine degli anni Novanta. L’immigrazione consistente dalla Romania verso la Spagna e l’Italia è stata accompagnata, in questi due Paesi – nei quali il numero complessivo di cittadini romeni supera due milioni, ovvero un decimo della popolazione attuale della Romania -, ma anche in quello di origine, da una maggiore consapevolezza e da una sensibilità accresciuta nei confronti dei problemi specifici con cui si confrontano molti cittadini romeni all’estero. Questi problemi contraddistinguono, del resto, tutti i flussi migratori che si verificano nel mondo contemporaneo.

Nel caso dei romeni che hanno scelto di lavorare e vivere in Italia, i problemi dell’immigrazione più recente (post-2002 e post-2007) sono il frutto dell’incontro-scontro tra individui e gruppi sociali marginali o più segnati dai traumi dell’ultimo decennio di dittatura comunista e dagli sconvolgimenti della transizione democratica, da un lato, e una società come quella italiana che ha, in seno all’Europa Occidentale, delle caratteristiche singolari di natura storica (il divario mai bonificato tra Nord e Sud) e politica (conflitti di interesse nel controllo dei mass-media, connivenza tra politica e organizzazioni mafiose, lentezza dei processi civili ecc.) dall’altro. Queste caratteristiche interne all’Italia sono tali da rendere, tra altro, più vulnerabile la situazione di molti immigrati rispetto a quella della maggior parte dei paesi d’immigrazione dell’Unione Europea. A questo va aggiunta anche la mancata applicazione da parte dell’Italia di politiche di integrazione sociale degli zingari (rom, sinti e camminanti), con negative ripercussioni anche sulla gestione dell’immigrazione recente di gruppi gitani provenienti dall’Europa dell’Est.

E’ su questo sfondo, sempre più complesso e più intrecciato (tra immigrazione legale o irregolare, immigrazione clandestina dal nord Africa e relative questioni di gestione dei flussi, dell’accoglienza, del lavoro, dei diritti, della sicurezza pubblica e così via), che è scoppiata la crisi italo-romena del novembre 2007, che ha rivelato di nuovo, questa volta a spese della comunità romena d’Italia, i mali del sistema politico-mediatico italiano e la disarmante facilità con la quale la ricerca di un capro espiatorio utile ai fini della propaganda elettorale si trasforma talvolta in una caccia accanita alle streghe, con conseguenze sulla convivenza sociale difficili da quantificare, ma facili da immaginare.

Il devastante episodio in questione ha spinto molti romeni, che fino a quel momento vivevano una tranquilla vita da persone integrate e rispettate, a reagire all’onda alimentata nelle cabine di regia della macchina elettorale, a prendere posizioni pubbliche a difesa della comunità romena d’Italia, a creare gruppi e associazioni di tutela dei diritti e dell’immagine dei romeni, a stringere le righe sia per contribuire ad una reale promozione della cultura e dei valori della Romania, sia per aumentare la coesione sociale attraverso azioni e programmi a favore dei soggetti più deboli.

La proliferazione di tali gruppi e associazioni, alcune nate dal vago quanto sentito desiderio di “fare qualcosa”, ma senza adeguate progettualità, competenze e risorse, ha reso anche le Autorità romene più consapevoli dell’utilità di un coagulazione dell’associazionismo a favore dei romeni che vivono in Italia. Da questa esigenza, avvertita dalla grande maggioranza delle associazioni, è nato il primo Forum delle comunità romene d’Italia, che si è svolto il 24-25 maggio a Milano.

E’ in quella circostanza che, tra vari problemi affrontati e proposte discusse, è stata lanciata la creazione di un soggetto federale nato dal basso, attraverso la sottoscrizione da parte di associazioni desiderose di realizzare una federazione basata sui principi di democraticità, trasparenza e partecipazione paritaria.

Dopo alcuni mesi di consultazioni, il 28 settembre è stato fatto un ulteriore passo in questa direzione, attraverso una prima assemblea FARI in cui sono state elette le cariche provvisorie. Successivamente, il 9 novembre a Roma, l’assemblea costituente ha approvato lo Statuto FARI e gli organi federali. Rispetto al precedente tentativo di coagulazione dell’associazionismo, rappresentato dalla Lega dei romeni, la FARI si distingue per il numero di associazioni coinvolte (tra quelle già aderenti e partecipanti all’assemblea del 9 novembre, il numero complessivo è di 38 associazioni), ma soprattutto per le sue caratteristiche di vera federazione: infatti lo Statuto prevede il decentramento delle cariche e dei ruoli. Naturalmente, il processo di creazione di un soggetto federale efficiente e capace di sostenere le associazioni (anziché soffocarle o condannarle all’anonimato) richiede, nel caso delle associazioni per romeni, molti sforzi, sinergie e soprattutto volontà di convergere su obiettivi da raggiungere in maniera democratica, trasparente, partecipata e soprattutto professionale.

Da questo punto di vista, possiamo ipotizzare che, se l’anno 2008 è stato uno di svolta nel senso dello slancio e del rinnovato impegno dell’associazionismo, probabilmente la sfida del 2009 sarà quella di un  suo crescere e consolidarsi in senso. Ciò dovrebbe anche aiutare a distinguere l’associazionismo vero e proprio dalle forme deleterie di associazionismo, ma anche a svincolarsi dai frequenti tentativi di asservimento da parte degli enti politici. I benefici di un tale processo saranno molteplici: da una più ampia partecipazione delle persone associazionistico-scettiche ai programmi e alle iniziative delle associazioni per i romeni o con partecipazione romena, fino ai vantaggi in termini di rispettabilità e di ritorno di immagine collettiva.

C’è da augurarsi che, davanti alle numerose sfide poste agli operatori e ai volontari (romeni, italiani, o di altra nazionalità) impegnati nell’associazionismo sul versante dei rapporti italo-romeni, le tentazioni individualistiche e le tendenze centrifughe siano superate attraverso un lavoro responsabile di confronto, di rispetto e di crescita.

Pena, l’autoemarginazione e le relative conseguenze di ordine sia collettivo che individuale.

Horia Corneliu Cicortas, Monica Jeler

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